Capriotti, Camera di commercio parla di 5000 lavoratori che le imprese riminesi non riusciranno a trovare da qui a marzo. Che impatto avrà questo nel settore dell'artigianato?

La disponibilità di personale è il problema forse più impellente. È una condizione quasi demoralizzante perché non poter contare sulla manodopera preclude il futuro alle imprese, il loro sviluppo, la creazione di ricchezza e la distribuzione di reddito. In una parola, non c’è progresso se le imprese non crescono. La mancanza di manodopera mina il futuro del tessuto economico di un territorio. Rimini comunque vive una situazione non difforme da altri.

Cosa si potrebbe fare, avete delle soluzioni?

Ad ogni livello, serve assumersi delle responsabilità e agire. Va recuperata la ‘cultura del lavoro’ che abbiamo smarrito. Il lavoro è vissuto come una via crucis da sopportare in attesa del weekend, enfatizzato e osannato come fosse l’eden. Dobbiamo capire che osannare in questo modo il tempo libero è un errore culturale. La nostra tradizione artigiana ci insegna che il lavoro e il sacrificio generano persone che portano un contributo alla società, alla propria famiglia e a loro stesse. L’immagine compiuta ci vede con un bicchiere, non con uno strumento di lavoro in mano. Estremizzo, ovviamente.

Alcune aziende riminesi sono costrette sempre più a rivolgersi a personale straniero...

Non è una novità. 30-40 anni fa gli imprenditori turistici più illuminati si diedero da fare per creare scuole di formazione professionale in Romania. In inverno i giovani si formavano e poi venivano a lavorare in Riviera. Non sarei preoccupato di questo, ma della qualità del lavoro che si propone e di quello offerto. Per questo serve investire forte sulla formazione e alla Confartigianato cerchiamo di farlo con impegno. Vanno incentivati gli ITS, una soluzione davvero centrata. Solo così daremo competitività alla nostra industria più potente.

Quanto impatta il problema casa sulla difficoltà a reperire nuovo personale?

Abbiamo una politica abitativa che premia l’orientamento turistico dell’utilizzo delle abitazioni, salvaguardato da una burocrazia che indirizza a ciò rispetto ad un uso più equilibrato. Serve mettere in campo politiche abitative efficaci per agevolare la presenza di studenti e lavoratori. Per essere attrattivi serve un territorio a portata di persona e non solo su misura del turismo.

I giovani riminesi non sono proprio disposti a lavorare nel campo artigiano?

Crediamo serva un progetto educativo serio, che compete a tutti. É proprio il lavoro che completa, educa, stimola le persone a migliorarsi. È la trasmissione del ‘saper fare’ ad essere il migliore investimento sul futuro. Ecco, come Confartigianato vorremmo rimettere al centro il lavoro, oltre ad agire in modo coerente a tutti i livelli: valorizziamo, evidenziamo, promuoviamo una visione nella quale una società è solida se alla base c’è una laboriosità diffusa, non l’enfasi del weekend e del divertimento.

C'è un problema di stipendi bassi?

C’è anche questo, sicuro. Però abbiamo espropriato ai giovani il sogno che lavorando e faticando si ottiene una realizzazione complessiva, umana, famigliare ed anche economica. Abbiamo educato ad un mondo nel quale anche senza lavorare, spesso speculando su questa condizione, si può avere un sussidio.